Sotto la spinta di alcuni agricoltori preoccupati per il crescente utilizzo di composti chimici nella coltivazione Rudolf Steiner cominciò ad avvicinarsi all’agricoltura. Lui, che aveva fondato l’natroposofia, formulò i tre principi base della biodinamica.
Nel 1924, infatti, Rudolf Steiner riassunse in tre punti gli obiettivi che i coltivatori avrebbero dovuto perseguire per contrastare il degrado del suolo.
Il primo principio riguarda il mantenimento della fertilità della terra, il secondo è sull’aumento della capacità delle piante di resistere alle malattie e ai parassiti, mentre il terzo si focalizza sulla produzione di cibi sani e di qualità.
Alla base di questa dottrina ci sono il compostaggio, l’utilizzo di preparati appositi e la rotazione ciclica delle coltivazioni, in modo da mantenere vivo il terreno, sfruttare le capacità delle singole coltivazioni e i benefici di una pianta nei confronti di un’altra che le viene messa vicino. Tutto questo non può non nascere dalla profonda conoscenza e consapevolezza dell’agricoltore.
Dagli anni venti del secolo scorso gli agricoltori che aderivano a questi principi hanno cominciato a considerare la propria azienda come un vero e proprio organismo vivente. Esso poteva continuare a vivere e prosperare solamente se il terreno sul quale si basavano le coltivazioni avesse mantenuto intatte le sue capacità produttive e se i prodotti avessero raggiunto un livello qualitativo sempre maggiore.
L’agricoltura biodinamica non è solamente un “metodo”, ma un vero e proprio modo di vivere, che comprende anche il rispetto per la terra e per la natura. I compiti e le azioni di un agricoltore biodinamico dipendono dalle stagioni, dalle condizioni, dal contesto e dalle necessità delle piante e della terra stessa.
Agircoltura biodinamica vuol dire “armonia con la natura”, rispetto dei cicli vitali e, in generale, un ecosistema salubre e molto più stabile. E l’uomo, che dei prodotti biodinamici è il consumatore, ne beneficia in termini di sostenibilità.
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